BAUCERON – Pastore della Bauce
Cane da Pastore della Beauce, Beauceron, e Bas-Rouge sono i nomi usati alla fine del XIX° secolo per designare questi antichi cani francesi di pianura caratterizzati da un muso a pelo raso e da pelo duro e corto sul corpo, con le orecchie amputate. Il corpo era contrassegnato da focature soprattutto sugli arti, cosa che meritò ai cani il nome di Bas-Rouge (bas, in francese significa “calza”,dunque “calze rosse”). Il colore del mantello era nero focato, ma vi erano anche cani grigi o interamente neri, o anche completamente fulvi. Questi cani erano allevati e selezionati per la loro attitudine a condurre e sorvegliare i greggi.
Naturalisti e Zootecnici del XVIII° e XIX° secolo stabilirono la sua discendenza da un ceppo molto antico, designato in Paleontologia, con il nome di Cane delle Torbiere (Canis familiaris palustris) i cui resti sono stati rinvenuti soprattutto nelle zone lacustri del Jura francese. Nel 1863, durante la prima esposizione canina organizzata dalla Société Impériale d’Acclimatation, in occasione dell’Esposizione Mondiale, appaiono alcuni cani con orecchie dritte, con mantello nero focato e di aspetto lupoide, e con ogni probabilità, potrebbe essere questo il momento a cui si può attribuire la prima apparizione ufficiale di quello che sarebbe poi divenuto l’attuale Pastore della Beauce.
Nel corso del XIX° secolo inizia a delinearsi più nettamente l’idea di cane da pastore. Il mondo agricolo vive nel più completo isolamento e ogni regione conserva maggiormente le proprie peculiarità.
La mancanza di comunicazione è sicuramente alla base della creazione e sviluppo di razze canine, ovine e bovine meglio adattabili ad una o all’altra zona ed è quindi facile immaginare come, in un tempo relativamente breve, sia stato facile il formarsi di gruppi con forte omogeneità. Fino al XIX° secolo i cani da pastore hanno avuto il ruolo essenziale di assicurare la protezione dei padroni, i loro beni, del bestiame… Sono animali coraggiosi, massicci, attaccati all’uomo, molto territoriali disposti a scacciare qualunque intruso con la forza.
Non c’è niente da fare: senza un po’ di addestramento, questi fieri animali prendono le distanze. Si fidano unicamente del loro istinto. Seguono il gregge, si accucciano quando si ferma e rizzano le orecchie, osservando i dintorni. E al minimo allarme, scattano e ringhiano, drizzando il pelo. I pastori vivono giorno e notte con gli animali che devono sorvegliare, tutto l’anno. Seguendo questo ritmo, uomini e animali finiscono per parlare lo stesso linguaggio; e l’esperienza acquisita dal pastore è tale che egli non ha alcun bisogno di aiuto per condurre il suo gregge attraverso i campi. La voce e il suo bastone, con il quale può richiamare i ritardatari, sono sufficienti a tenere le bestie compatte. Il pastore le segue e la sua abilità consiste nello spingerle là dove reputa meglio, senza che se ne accorgano.
A partire dal XVIII° secolo, la funzione del cane va perdendo di importanza e con la rivoluzione industriale, le città spopolano le campagne e gran parte del bestiame deve essere macellato. L’agricoltura si modernizza, le superfici a pascolo e a maggese diminuiscono, così come la mano d’opera. Si cominciano a cercare cani docili, cioè capaci di apprendere e di piegarsi a una certa disciplina ma che in ragione del tipo di manovalanza necessaria e del genere di bestiame, devono essere tenaci e saper lavorare “a contatto”. Si tratta, per i commercianti e i grandi allevatori che investono i loro capitali in soccida, di far circolare sulle strade gruppi di animali diversi, e per i pastori salariati di prestare la massima sorveglianza, proteggendo le colture e il bestiame.
Nel 1896 alcuni appassionati del cane da pastore si riuniscono nella grande sala del mercato della Villette per iniziativa di monsieur Sauret, un industriale del tessile e proprietario fondiario. Si tratta dell’ispettore generale al ministero dell’Agricoltura, monsieur Menaut, di un professore di zootecnia alla scuola veterinaria di Maisons Alfort, Paul Dechambre, del direttore del Museo di storia naturale, Milne Edwars, del direttore e del veterinario sanitario del mercato della Villette, monsieur Bertaux emonsieur Teyssandier, e dei sette grossi proprietari e fattori legati da una soccida: monsieurs Boulet, Benard, Brandin, Bizouème, Roussile, Triboulet e Sevrette. Di pastori… neanche uno. Semplice constatazione. Se questi ultimi fossero stati realmente associati nell’impresa nascente, che prese la denominazione di Club francese del Cane da Pastore, è certo che le nostre razze della Beauce e della Brie, sarebbero oggi molto differenti: sicuramente incapaci di competere sui terreni del ring, perché si sarebbe cercato di deprivarli di tutto; sensibilmente più piccoli, 55 cm al massimo per una maggior mobilità, ma con più colori, non essendo certamente questo criterio pertinente sul piano del lavoro da svolgere. È anche certo che non ci si sarebbe persi nelle dispute “scolastiche” sulla carbonatura del pelo o sul doppio sperone, per esempio, ma che sarebbe stato favorito quel tratto del carattere (o quell’attitudine) specifici del cane da pastore. In ogni caso, il primo lavoro di questa commissione, che si trasforma in club, è quello di suddividere le razze francesi in due categorie: i cani a pelo lungo, chiamati pastori della Brie, e i cani a pelo corto, i pastori della Beauce.
Fondata nel 1882, la Société Centrale Canine (SCC) registra subito dei “cani da pastore della Beauce” nel Libro Origini Francese (LOF): il primo esemplare, chiamato “Pastore de la Chapelle”, nasceva nel 1891 prodotto da Georges Decrossy; più volte vincitore di esposizioni, ottenne il titolo di Campione di Bellezza. All’epoca, i criteri d’iscrizione al Libro erano molto sfumati, e lo standard di razza era ancora in via di definizione (sarebbe stato redatto solo nel 1897). Il Club francese del Cane da Pastore opera per il Beauceron (e le altre razze) fino al 1939. Più che un club di razza come lo intendiamo oggi, questa associazione è, per volontà del suo statuto, una società di “incoraggiamento agricolo”, come ne esistono diverse alla fine del XIX° secolo, quando l’agronomia conosce uno sviluppo molto importante. Ci si appassiona per la genetica applicata alla selezione degli animali, per tutte le nuove tecniche nate dalla meccanizzazione, e si è convinti di entrare in una nuova era di progresso sulle ali degli sviluppi scientifici. Il Club ha come scopo l’incoraggiamento di ogni mezzo possibile per il miglioramento, l’allevamento e l’addestramento di queste razze di cani da pastore così utili, collaboratori indispensabili nella fattoria e al tempo stesso guardiani fedeli. Inoltre, intende premiare i soggetti migliori
– organizzando concorsi di cani da pastore al lavoro ed esposizioni;
– diffondendo, attraverso illustrazioni, i tipi migliori, accompagnati dalla descrizione di ciascuna varietà al fine di facilitare la scelta dei riproduttori e di informare gli allevatori;
– invitando i soci a iscrivere i propri giovani animali con buone caratteristiche al Libro Origini Francese;
– ricompensando i cani che hanno svolto un proficuo e leale servizio presso i loro padroni o nell’azienda stessa;
– suggerendo alle società di agricoltura di nominare una commissione incaricata di ispezionare i pastori nella loro circoscrizione e di premiare quelli il cui gregge e ovile risultino meglio curati;
– invitando tutte le società di agricoltura e i consorzi agricoli a premiare, durante le loro riunioni annuali, i cani da pastore e i bovari;
Compito difficile, per i membri del Club francese del Cane da Pastore, del quale è impossibile misurare l’impatto poiché, parallelamente, nel 1909 nasce il Club degli Amici del Briard per iniziativa di un allevatore di questa razza, monsieur Lamarque, giudice della SCC, e nel 1911 il Club degli Amici del Beauceron, fondato anch’esso da un allevatore di Beauceron, A. Siraudin. A questo punto le razze francesi e il Beauceron in particolare, prendono altre direzioni; e nel 1939 il Club francese del Cane da Pastore scompare. Tra il 1884 e il 1994, intanto, allevatori amatoriali e club diversi avevano plasmato le razze da pastore francesi per tappe successive. (Nel 1884 un pastore della Beauce, che di nome faceva Moustache, guadagna la medaglia d’oro all’esposizione canina di Parigi: si trattava di un esemplare grigio con taglia di 57 cm, e questo dimostra il cammino percorso)
In cento anni, lo standard del Beauceron, relativamente alla taglia, è stato modificato almeno cinque volte:
– nel 1896 impera l’ambiguità, con un margine di 10 cm tra il massimo e il minimo autorizzato, senza distinzione fra i sessi. Troviamo dunque cani di 70 cm al garrese;
– nel 1911 si va perfino più lontano, tollerando da 2 a 3 cm al di sopra del massimo per i cani veramente belli, e si arriva a 73 cm;
– nel 1923 si fissano alcuni limiti: da 58 a 68 cm per le femmine, contro i 60-70 cm per i maschi;
– nel 1956 si rileva la taglia media alzando i “minimi”: 63 cm per i maschi, 61 cm per le femmine;
– nel 1965, al fine di rendere la razza più omogenea, si decide di fissare un ideale e di abbandonare i divari troppo larghi.
Lo standard è dunque rivisto, ma non sarà applicato fino al 1972. La taglia ricercata è oggi di 67 cm con una tolleranza di 3 cm in più e 2 cm in meno per i maschi (da 65 a 70 cm) e di 65 cm per le femmine, con una tolleranza di 3 cm in più e 4 cm in meno (da 61 a 68 cm). La molteplicità dei mantelli è stata totalmente abbandonata e a questo proposito è possibile che siano state ridotte la ricchezza e la varietà genetica della razza. Nel 1965, diventati molto rari, i mantelli grigi, fulvi e completamente neri vengono eliminati dallo standard. Al contrario, è curioso che si sia mantenuto il mantello arlecchino.